30 giugno 2014 Le superfici bidimensionali delle vie, pubbliche e private, raccontano attraverso segni e insegne l’identità del luogo. Il visitatore che pazientemente vi aggiunge la dimensione del tempo ne scopre complessità e stratificazione osservandolo in momenti diversi della giornata. Un’immersione nelle premesse concettuali di URBAN SPRAY LEXICON PROJECT di Ateliersi.
LUOGHI
COME FUNZIONA
L’incontro è stato preceduto da un’esplorazione individuale e mirata in cui ciascun partecipante ha percorso via Santo Stefano dall’incrocio con Via Guerrazzi fino all’incrocio con Via Dante, osservando e fotografando le insegne dei negozi nell’orario diurno di apertura.
Di sera, dopo aver confrontato al Sì le immagini scattate durante il giorno, i partecipanti si sono recati insieme nei luoghi visitati alla luce dei lampioni. La visita, a insegne spente e con un’illuminazione diversa, ha messo in evidenza tutte le aree sulle quali c’era stato un intervento “non autorizzato” sulle superfici, come un disegno con spray o una tag.
Le domande:
Quali sarebbero le basi per costruire l’impianto teorico di un progetto per la parte di strada che abbiamo visto e fotografato?
Quali sono gli elementi di stratificazione che emergono dal confronto tra le due osservazioni, diurna e notturna?
COS’È SUCCESSO
Dall’osservazione sono emersi differenti punti di vista, partendo da valutazioni più “tecniche” e oggettive, passate poi ad una fase più analitica, più riflessiva rispetto all’osservazione.
Essendo una delle vie di Bologna in cui si richiede maggior cura, con una periodica rimozione dei segni non autorizzati, i graffiti sono rintracciabili sulle superfici visibili soprattutto di notte, come serrande e portoni chiusi, o su superfici meno rilevanti, come sportellini del gas, cassonetti, parapetti. Dal contrasto tra pulizia diurna e scrittura notturna nasce la stratificazione dell’identità del luogo.
Molti graffiti interagiscono quindi con i bordi delle serrande utilizzando queste come cornici. Se si escludono le tag, di natura e significato diverso da un disegno, la via può essere considerata anche come una galleria espositiva notturna, da osservare per le sue narrazioni.
Oltre al confronto giorno/notte, nascono così altre relazioni durante l’analisi: scrittura/cancellazione, lecito/illecito, segno/parola, pubblico/privato, territorio/proprietà, messaggio/tag. Ciascuna di queste dicotomie si presta a diventare spunto per una riflessione più ampia.
Per quanto riguarda le tag, le valutazioni diventano più complesse, probabilmente perché a un tentativo di osservazione oggettiva si sovrappone in alcuni partecipanti anche un sentire più soggettivo, nato dal proprio vissuto personale con i muri, gli spazi pubblici delle vie e il modo in cui interagiamo con essi.
Gaspare si stupisce di non riuscire a ricostruire il gesto che ha generato il segno, si chiede se questo spaesamento sia dato da un tempo di creazione più breve, da una fretta istintiva, o da un tempo più lungo. Andrea confronta la “pulizia” di quella via, forse l’utilizzo di vernici su cui il colore non permea, con l’inquinamento visivo in altre aree. Elisa F. si interroga sul rapporto tra la scritta e il luogo e come il senso nasca solo dall’interazione tra i due (le serrande quindi non sono quadri, perché i loro disegni perderebbero significato se “esposti” altrove). Alessandra pensa a come agire e restare nel luogo con un senso artistico, con la possibilità di realizzare quadri su ogni serranda e far nascere una gallery notturna. Fiorenza considera il muro come un quaderno aperto a tutti, si focalizza sulle parole che legge, si chiede quali sono le dinamiche che rendono un segno lecito e un altro illecito. Roberto si colloca dal punto di vista del suo lavoro, dove la progettazione di edifici e lo studio della bellezza architettonica sono contrastate dai segni lasciati non tanto per un desiderio di significazione ma, come lui ha avuto modo di constatare, per un gesto di trasgressione e appropriazione giovanile del territorio. Sara si interroga su chi ha lasciato i segni, chi aveva più legami con la superficie, sul perché alcuni segni vengano considerati per il gesto che vi sta dietro (come una tag o la traccia di un’ombra) e altri valutati per l’ingenuità del tratto e l’intenzione (come il disegno di un tortellino). Elisa D.P. si chiede dunque qual è il valore estetico di un segno: perché alcuni segni lo incarnano e altri no?
I partecipanti assecondano e ascoltano questo inaspettato intervento dei sentimenti. Nasce una nuova dicotomia e diventa difficile separare il vissuto dall’analisi, la relazione con la città abitata (e il modo in cui la viviamo e desideriamo) e quella con la città testo.
La stratificazione tra situazione attuale e vissuto personale, tra città e abitare, tra condivisione e osservazione rivela nuovi pensieri, l’analisi del luogo si fa più intima, il rapporto con gli spazi si arricchisce di nuovi punti di vista.